Nelle attività di marketing, l’approccio più comune è questo: si prova un’idea o un progetto, si valutano i risultati e si capisce se è stato efficace per proseguire su questa strada o meno. Spesso, quando le cose non vanno come devono, si chiamano in causa motivazioni diverse, quasi sempre esterne (la crisi, la sfortuna, la guerra in Libia e altro), quasi mai autocritica. Diciamocelo: quello che manca è un piano condiviso tra chi lo deve attuare. A quanto pare, solo 1 su 10 di noi si sente tranquillo perché ha una strada tracciata con priorità e tempistiche definite. L’85% di noi dice che nel team dove lavora si “sente” poco coordinato.
Usciamo dall’ambiente idilliaco delle slide e guardiamo il nostro ufficio, il nostro team. Ammettiamolo serenamente: la realtà è differente dalle parole che scriviamo nel piani marketing. Ci illudiamo di avere una strada certa, tracciata, ragionata ma, in verità, le nostre attività sono programmate in base a decine di decisioni legate a scadenze imminenti, priorità dell’ultimissimo momento e “il cliente/capo vuole così”. Decisioni prese dal responabile senza alcuna dialettica di gruppo, senza alcuna condivisione. Il che è navigare a vista con due occhi soli che cercano scogli o secche. Un “selfie di team”o un evento tutti insieme sono bellissime cose, ci mancherebbe, ma se manca un progetto condiviso, almeno nelle linee generali, i problemi emergono. Sempre.
Non amo tantissimo le riunioni, lo ammetto, ma se fatte bene servono e servono eccome. Il problema sono quelle fatte male o quelle inutili. Lo imparo ciclicamente sulla mia pelle, dando tante volte per scontato che le persone con cui lavoro abbiano poteri misteriori e mi leggano nei pensieri. Sfortunatamente non è così. Quando mi impegno a ritagliare un’ora del mio tempo (il “non ho tempo” è sempre una bugia, ripetiamocelo sempre) per parlare con chi lavora con me, vedo facce più rilassate, occhi più motivati, voci più sicure. La metà delle parole sono legate ad aneddoti divertenti o commenti all’attualità aziendale, mica a mirabolanti idee di marketing. E va benissimo così.
Ci si parla, ci si confronta ed escono fuori molti di quei piccoli problemi, sottovalutati, che spesso fanno crollare le motivazioni quando sei lì che devi contattare 100 aziende che hanno di meglio da fare che ascoltare le mirabolanti prestazioni sei tuoi servizi o prodotti (così dicono loro, almeno). Poi fai un paio di riunioni interne al team e i potenziali clienti diventano, miracolosamente, più ricettivi, più interessati.
Siamo cambiati noi, non loro. In meglio.
P. S. Il titolo del post è ispirato a un detto svedese: “un dolore condiviso è un dolore dimezzato. Una gioia condivisa è una gioia raddoppiata”. L’immagine è, ovviamente, di http://dilbert.com/.