Reinventarsi: nuovo marketing, nuove vendite

In un mondo in straordinaria evoluzione, reinventarsi è complicato. Da un lato è una necessità perché se il mio lavoro cambia, io devo seguirlo, ancor meglio anticiparne l’evoluzione, se voglio continuare ad avere quel posto di lavoro. Dall’altro lato, è difficile e rischioso perché bisogna crearsi competenze su qualcosa di nuovo e non così prevedibile. Uscire dalla comfort zone è bello da dire e difficile da fare.

Tramonto del vecchio, nasce il nuovo marketing
Finisce un’era, ne inizia sempre un’altra

Il responsabile della campagna 2020 e della strategia digitale di Trump, Bred Parscale, fino a qualche mese fa era un anonimo Web Designer di San Antonio. Bel salto, direte voi, ma sono gli States. In Italia abbiamo Paola Pisano che è il ministro dell’Innovazione Tecnologica e Digitalizzazione: fino a qualche anno fa era una giovane e brillante professoressa universitaria che andava nella Bay Area ad annusare il futuro dell’innovazione tecnologica. Ora decide le politiche del Governo.

Tutti dobbiamo reinventarci, nessuno escluso. Io mi sono sempre sentito un comunicatore e un marketer, mai un commerciale. Ma avevo già intuito che questa distinzione, forte dal punto di vista teorico, stava scemando. E l’avevo scritto. Il futuro è ibrido e lo sto sperimentando tutti i giorni. Ho scoperto di essere abbastanza bravo a vendere e ho potuto farlo solo perché ci ho provato davvero. Perché mi sono reso ibrido.

Bisogna smettere di ragionare per categorie: imbianchini contro ingegneri informatici, uomini contro macchine, scapoli contro ammogliati. Il lavoro diventa granulare.

Una volta, ossia ieri, il marketer faceva la strategia, creava le user personas, analizzava i dati e cercava di creare empatia con i potenziali clienti. Il commerciale invece si paracadutava dal potenziale cliente e, first to go and the last to know, cercava di annusare l’aria per capire quanto c’era nel portafoglio altrui. Con una tattica basata su discorsi di calcio, donne e politica (CDP).

Questi due mondi, adiacenti ma separati da un grande muro, non ci sono più. I commerciali hanno iniziato ad “ascoltare” invece che a parlare, ad analizzare i dati invece delle sensazioni, a prevedere il futuro invece di basarsi sull’esperienza del passato. I responsabili marketing hanno imparato a farsi audaci, a fare real-time marketing, a usare gli strumenti a propria disposizione in modo più sfrontato e sicuro.

Marketing leaders need to go way deeper into the data and analytical side of marketing in order to ensure marketing decisions and cross-department engagement are achieving end-game results. Not just engagement, lead generation, and brand trust signals, but increases in sales across different channels and a more aggressive approach to gaining market share.

Ben detto, Micheal Brenner. Siamo ancora in mezzo al guado, bisogna studiare. Ma, per favore, non parlatemi di smarketing perché, oltre a essere un termine orrendo, presuppone una semplice unione dei due ruoli. Una cosa che ci porterebbe fuori strada. Si tratta di creare nuovi ruoli e utilizzare nuovi paradigmi. Uno scenario dove i dati saranno importanti ma, allo stesso tempo l’essere umano tornerà protagonista. Come dicono Fabio Ferrari e i miei amici di Energy Way.

Rispetto ad un’idea pervasiva e dominante della tecnologia sulla vita delle persone, l’obiettivo è quello di porre di nuovo al centro l’uomo, l’unico ad avere gli strumenti dell’immaginazione che servono a farsi interprete della realtà e della immane mole di dati prodotti dai sistemi digitali di cui siamo circondati.

Ma, tornando al marketing, diceva già tutto Seth Godin. Nel 2008.

Marketing is too important to be left to the marketing department.


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