Contro il metaverso? Intanto riflettiamoci su

Il metaverso è ovunque. Facebook ha già cambiato nome e Microsoft ha investito 68,7 miliardi di dollari per acquisire una grande società di gaming – Activision Blizzard – visto che “il gioco avrà un ruolo chiave nello sviluppo delle piattaforme per il metaverso” (S. Nadella). Ma cos’è? Non lo sappiamo ancora. Sarà un “mondo di realtà virtuale dove interagiremo, giocheremo e faremo esperienze” dicono. Un Second Life reloaded? Un nuovo FarmVille? Un mondo come in Ready Player One di Spielberg oppure in Matrix? Se lo sapessi, non ve lo direi e sarei già miliardario.

Quel che sappiamo è che i giganti della tecnologia ci vogliono fare un sacco di soldi. Oggi per comprare beni digitali nei giochi spendiamo 80 miliardi di dollari all’anno. Loro puntano a guadagnarne di più. Con una filosofia che sembra nuova di zecca, ipertecnologica e democratica, ma che in realtà è qualcosa che abbiamo già visto: proprietari e affittuari. Un loro spazio digitale che ci affitteranno, con conseguenze legali e procedurali molto complesse. Saremo monitorati molto più di adesso per decidere qual è la cosa giusta che ci serve: prodotti, esperienze, giochi. E molto altro che ora non immaginiamo.

Ci siamo già passati: il Web avrebbe migliorato il mondo, inevitabilmente. L’accesso illimitato alle informazioni doveva essere un vantaggio e lo è davvero. Al tempo stesso, però, ha creato una polarizzazione delle opinioni: se puoi accedere a tutto e al contrario di tutto, chi ha ragione? Potrei fare tanti altri esempi. Ora siamo consapevoli che la tecnologia può cambiarci la vita, nel bene e nel male. Lo smartphone è oggi il prolungamento stesso del nostro braccio. Il metaverso può farci ottenere il potenziamento di tutti i sensi, con implicazioni (positive e negative) ben più potenti di un telefono.

Quindi bisogna essere contrari a priori al Web 3 e al Metaverso? Un mondo in cui tutte le regole le decideranno altri, incluse quelle dello spazio e del tempo (come in Matrix), può far paura. Quello che serve è una riflessione collettiva. L’obiettivo delle aziende non è necessariamente il nostro: loro devono fare soldi, è giusto così, ma non possono imporci un futuro già scritto in linee di codice. I miei dati e la mia esistenza stessa devono essere tutelati. Nel metaverso, le regole le fanno le aziende ma queste ultime vivono nel mondo reale e le attività possono essere limitate dagli stati (si può fare, anche in Europa).

Nella comunicazione e nei media, il metaverso è il futuro. Bello, luminoso, ineluttabile. Sarà divertente giocare e anche sposarsi (già succede in India) ma la nostra vita non è solo quello. Lì non potremo cambiare le regole: la vita reale ha variabili infinite, il metaverso no, è un programma, scritto e aggiornato da esseri umani (per ora, poi chissà). Per questo bisogna studiare e farsi domande prima. Parlarne tra noi. Non arriverà domani ma, quando lo farà, sarà tardi. Non ci penseremo un secondo, sarà troppo bello esserci per primi. E senza riflettere, come capiremo se è questo il metamondo che vogliamo davvero?


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